L’arte di dimenticare

 

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Ahlam Mosteghanemi, L’arte di dimenticare, trad. dall’arabo di Camilla Albanese, Sonzogno, Venezia 2013.

Non scrivo sul blog da tempo, e mi fa piacere cercare di riprendere una certa – spero – regolarità con questo libro, di cui ho parlato qui quando è uscito.

Rispetto all’originale resta sempre un bel libro anche se, dalla prima edizione alla sesta, da cui è stata fatta la traduzione, ci sono parecchie differenze, viste le numerose modifiche apportate dall’autrice. Il che, in un certo senso, è un fatto positivo, così si leggono due libri pur leggendo sempre lo stesso libro. Dell’originale mi manca un po’ la ruvidità, se così posso dire e, me ne rendo conto mentre leggo, l’impatto visivo, completamente diverso dall’arabo ovviamente, ma che proprio in questo libro secondo me ha un ruolo. Ma queste sono considerazioni personali, che alla fine poco importano; Judith Butler, parlando della traduzione dei suoi libri afferma che poco se ne interessa poiché, quando un’opera viene pubblicata in un’altra lingua, è già un’altra opera “non è più una mia proprietà nel senso forte del termine, lo è solo in un senso molto debole. Appartiene alla lingua in cui è stata tradotta, e in quella lingua assume dei significati che io non posso prevedere o anticipare.”

Quindi ben venga questa traduzione che, come dichiara la fascetta del volume, offre al lettore italiano la scrittrice di maggior successo del mondo arabo, nella speranza che L’arte di dimenticare sia stimolo per la traduzione di altri suoi romanzi, ma anche per la traduzione di altri autori algerini che scrivono in arabo e che sono assai bravi.

Come spesso accade, anche in questo caso titolo e copertina sono stati modificati. Tuttavia con alcune differenze rispetto al solito. Intanto la copertina è molto sobria, mi piace; riporta un pesce e non la solita donna battuta o velata pur se qui, dato l’argomento, sarebbe stato fin troppo facile una scelta di questo genere. E poi il titolo: per un caso conosco qualcuno che lavora presso l’editore e così questa volta ho chiesto quali sono le considerazioni che portano al cambio di titolo e questa è la risposta:

“Ci abbiamo anche pensato a tenere nisyan.com (così) aggiungendo un sottotitolo che chiarisse l’argomento del libro, ma le soluzioni ci sono sembrate poco efficaci, troppo complicate. Tradurlo era impossibile perché non ci sarebbe stata corrispondenza con il sito. In un titolo, da un punto di vista editoriale, l’immediatezza, la chiarezza e il fatto magari di riuscire a solleticare contemporaneamente la curiosità, sono alcune delle variabili in gioco di cui tener conto. Questa valutazione viene fatta in generale, intendo qualunque sia la lingua originale e potrei farti molti esempi. Poi, c’è anche il fatto che a un titolo deve essere associata un’immagine per la copertina che contribuisca a “dare un senso” al libro riuscendo a comunicarlo (e a comunicarne “il tono”) ad un ipotetico lettore. Questo è un obiettivo che l’editore persegue ovviamente nel proprio interesse, ma anche nell’interesse dell’autore. Personalmente, credo che tenendo nisyan.com non avremmo incuriosito, ma allontanato, e poi non riuscivamo proprio ad associarlo a un’immagine di copertina per noi efficace e comunicativa.”

Intendiamoci, io resto sempre della mia idea, tuttavia questa spiegazione mi sembra interessante e il risultato dimostra che, se si ragiona, si può arrivare a una mediazione soddisfacente.

 

 

2 Risposte a “L’arte di dimenticare”

  1. E’ vero, anch’io ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte a un “altro” libro rispetto all’originale, ma penso che questo non sia dovuto solo al cambio di titolo e copertina (che secondo me sono davvero una bella mediazione rispetto a quelli di partenza). Si tratta anche del fatto che, inevitabilmente, questo libro e la sua autrice hanno un ruolo completamente diverso in Italia rispetto al mondo arabo. Mi ha colpito lo scarto tra la sensazione di vedere il libro in una libreria di un paese arabo, in bella mostra, il primo dei bestseller, e il prodotto italiano, con la sua dignità ma sempre un libro in mezzo a tanti. Credo che abbia inciso anche questo nell’optare per un titolo più riconoscibile rispetto all’originale.
    Vero anche che non tutte le modifiche di titoli e copertine sono sullo stesso piano . Sono d’accordo sulla necessità di mediare, idea che non ho accettato subito ma che, se fatta con criterio, ritengo più che plausibile.

    1. ma io in realtà mi riferivo anche all’effetto che fa proprio il testo impaginato in un certo modo con certi corsivi e certe parentesi cose tutte che fanno parte del “testo”. quanto a quel che dici hai ragione, quando è uscito in algeria era dappertutto anche nelle librerie più piccole e nei posti più impensati. aiuterebbe invitarla per un tour di presentazioni no? ma anche questo è un altro argomento da discutere…

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