Fi balad al-wilàd

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Muṣṭafà Fatḥī, Fī balad al-wilād,  Dàr ash-shebàb Books, Al-Qahira 2009.

Muṣṭafà Fatḥī Fī balad al-wilād (Nel mondo dei ragazzi) discute il tema dell’omosessualità in Egitto. Annunciato prima della sua comparsa in libreria ha suscitato, secondo l’autore, un interesse preventivo da parte della censura: “I servizi di sicurezza dello stato hanno detto che volevano leggere il libro. E’ la prima volta che sento di una cosa del genere. Volevano cambiare qualcosa, ma il libro alla fine è uscito senza cambiamenti” (intervista su Menassat 2009). Questa censura preventiva ha influenzato la pubblicazione finale e il volume è infatti uscito senza numeri di pagina, di modo che per poterlo attaccare chiunque debba prima leggere tutto il libro e non possa far riferimento solo a un singolo passaggio.

Il testo è una sorta di storia didattica che ha lo scopo di rompere il tabù sull’omosessualità in Egitto. All’inizio l’autore si presenta per quello che è, un giornalista sposato con un figlio di pochi mesi, a sottolineare la sua eterosessualità. Poi ci vien detto che una sera ha ricevuto una mail da un certo ‘Iṣām, un giovane che ha conosciuto, nella quale questi gli dice che è rimasto favorevolmente impressionato dalla sua persona e che è noto per essere un giornalista onesto. Così, ha deciso di inviargli un file dove viene narrata la sua storia, che merita di essere raccontata. Fatḥī, quindi, è solo colui che trasmette una storia scritta da altri.

Anche in questo caso, la prima esperienza di ‘Iṣām avviene in età molto giovane, a opera di un adulto. Qui si tratta di una vera e propria violenza -, un giorno, infatti, il protagonista si reca a casa di Zaynab, una bimba con cui è solito giocare, ma ella è fuori con la mamma. Lo accoglie il padre che lo invita a entrare e a “fare il gioco di Zaynab”, lo getta sul letto e lo violenta: “Mi gettò sul letto con violenza, sentivo il suo peso… credevo di soffocare. Piansi… […] l’uomo terminò quello che aveva cominciato con tutto il piacere. ‘Attento a parlarne in giro’ mi disse, poi mi diede 50 ghinee e alcune copie di Topolino e mi disse che me ne avrebbe date altre se avessi taciuto”. Pare impossibile che non ci sia un’esperienza del genere per essere omosessuali.

A prescindere dalla trama, due cose mi sembra di poter sottolineare. La prima è il desiderio di operare una distinzione tra l’omosessuale, così come lo intende l’autore ovviamente, rappresentato dal protagonista: per nulla effeminato – ci vien detto che nessuno si accorge dall’apparenza di questo orientamento – colto, va all’università. E’ uno come noi,  sembra voler dire l’autore, e quindi dobbiamo considerarlo una persona. Altro invece è il travestito, rappresentato nella storia dall’amico del protagonista, Muhammad, che indossa anche biancheria intima femminile, che “muoveva il corpo in modo da essere scambiato per una ragazza da dietro”, non passa la maturità e non riesce, con sua grande frustrazione, ad accedere all’università. Ci sarebbe molto da discutere, qui.

La seconda è l’utilizzo della lingua da parte dell’autore. Il testo è scritto in arabo standard e viene segnalato anche che c’è stata una revisione linguistica in questo senso, con tuttavia molti inserti in dialetto egiziano, a parte nei dialoghi, nei titoli dei paragrafi e in diversi punti del testo. Da un lato, Muṣṭafà Fatḥī, per esempio, vuole introdurre alcune parole in lingua araba per indicare l’omosessualità che non abbiano una valenza negativa. Utilizza sempre il vocabolo mithli (omosessuale) e omette i vocaboli dialettali facendoci comprendere che in un certo punto del testo sono stati omessi perché dispregiativi e traduce in arabo alcune locuzioni che in questa lingua, per la sfera cui appartengono, hanno un effetto piuttosto forte sulle lettrici e i lettori, evitando di scriverli in altre lingue (come si faceva fino a non molto tempo fa anche in Europa quando venivano scritte in latino come ad attenuarne l’effetto). Dall’altro, non tutte le espressioni hanno un corrispondente consolidato in arabo, sia esso standard che dialettale, non dispregiativo, e quindi vengono lasciate in inglese, come per esempio “sesso orale”.

Non manca un riferimento alla religione. Quando Muhammad chiede a ‘Iṣām se andranno in Paradiso, questi risponde: “Non lo so, Muhammad, quello che so è che Dio è misericordioso e misericorde e che perdona tutti i peccati, tranne quello di negare la sua esistenza. E nessuno di noi lo ha fatto”.

Insomma, l’impressione generale non è un gran che, perché sempre di una rappresentazione esterna si tratta.