Burkini &cetera

Ultimamente ho scelto il silenzio su diverse questioni come reazione alla valanga di parole spesso prive di significato che leggo e sento e soprattutto perché quand’anche provo a cercare di articolare un discorso che cerca di andare oltre il contingente e spostare l’attenzione su problematiche più generali, sia nei post, nei miei scritti o in conversazioni quotidiane, capisco che la riflessione non suscita interesse, si è più propensi in generale a discutere, anche animatamente, sui dettagli, perdendo di vista il quadro generale. O almeno questa è la mia sensazione.

Un esempio sono l’intervista a Lorella Zanardo (qui) apparso qualche giorno fa su L’Espresso, che ha provocato numerose reazioni, come per esempio una risposta apparsa su Vice a firma di Laura Tonini (qui), o quello di Monica Lanfranco su Il Fatto Quotidiano (qui) che non mi pare da meno (in particolare la frase finale meriterebbe una seria discussione).

L’intervista a Lorella Zanardo e l’articolo di Lanfranco non mi hanno stupito più di tanto; rientrano in una deriva culturale che va ben al di là della questione burkini, piuttosto ha a che fare con la costruzione dell’opinione pubblica, che è la base per la costituzione di una società civile forte.

Il punto è, a mio parere, che le/gli opinion leader che vengono intervistate/i sui media non sono intellettuali. Questi dovrebbero trarre dalla contemporaneità i segni, i segnali, le spinte, positive e negative, che si manifestano; dovrebbero far riflettere le cittadine e cittadini soprattutto percependo in anticipo tendenze negative. Scegliere, sollecitare sulla base di una visione politica lungimirante, duratura e costruita su precise scelte valoriali.

Niente a che vedere con la “femminista e di sinistra” così come si autodefinisce Zanardo…

 

Quando leggo interviste come quella citata mi viene in mente George Mosse.