Islam e islamismo

B. Ghalioun, Islam e islamismo. La modernità tradita, Editori Riuniti, Roma 1998

Per comprendere i movimenti fondamentalisti e le ragioni del loro sviluppo negli ultimi vent’anni diversi studi utilizzano la chiave di lettura “Islam”, come se potesse render conto di tutto. In particolare l’Islam viene evocato come un vero e proprio fantasma che aleggia sul mondo arabo e musulmano impedendo la separazione fra la sfera temporale e quella spirituale.

Come afferma Mohammed Arkoun il richiamo della comunità scientifica e accademica alla separazione tra fede e ragione “cessa di operare quando si confronta con l’islam”. Ghalioun si colloca in questa scia affermando che utilizzare la chiave di lettura “Islam” per qualunque fenomeno nel mondo arabo musulmano è semplicemente una soluzione di comodo che tende a dimenticare come la storia non sia predeterminata da un “dogma immutabile o da fatalità genetiche”.

Il volume, quindi, partendo dall’istituzione del califfato, ripercorre la storia mostrando come la separazione nello spazio pubblico tra religione e potere sia, di fatto, esistita da sempre e come la religione rappresenti un patrimonio da cui trarre ispirazione, ma anche come sia lo stato l’unica fonte dell’autorità sovrana. Come afferma l’autore, “non esiste fatalità nella storia”.

Se, come suggerito dal titolo in italiano, si parte dall’Islàm, nella seconda parte del volume l’attenzione è rivolta all’islamismo. Proseguendo il suo percorso che fa riferimento alla pratica storica delle società musulmane, Ghalioun esplicita innanzitutto la diversità fra i singoli paesi e il fatto che anche dove l’islamismo sia una tendenza presente nella società l’associazione politica e religione sia sostenuta solo da una minoranza che esiste solo in presenza di “precise condizioni socio politiche” e nell’analisi delle motivazioni che hanno portato alla formazione dei movimenti fondamentalisti, oltre a motivazioni economiche e politiche, non sottovaluta il ruolo della cultura nel sostenere e fornire un supporto ideologico a questi movimenti.

Da ultimo ampio spazio viene dedicato al concetto di stato laico e alla sua controparte, lo stato islamico, entrambi sottoposti a una lettura critica che ne evidenzia le peculiarità e le debolezze.

Ghalioun, in conclusione, offre una lettura critica della storia  e ci porta a pensare come sia proprio la mancanza di un approccio critico e di democrazia la motivazione principale del sorgere di movimenti radicali e auspica un rafforzamento dello stato, sostenendo che solo dove lo stato è forte i movimenti fondamentalisti possono essere ricondotti a una dimensione diversa e le religioni non riescono a costituirsi in Chiesa né a creare un clero gerarchizzato (p. 95).

Certo, il volume è, dati gli sviluppi recenti, datato, ma a noi quest’analisi era a suo tempo piaciuta e riteniamo abbia anche oggi una sua validità di cui tenere conto.