Luqman, l’Esopo arabo

V. Giarratano, Luqmàn, l’Esopo arabo, Irfan Edizioni, San Demetrio Corone 2011.

Saggezza e longevità, queste le due caratteristiche principali cui è legata la figura di Luqmàn nella tradizione araba, unitamente al fatto di appartenere alla tribù preislamica degli ‘Ad, caratteristica questa che lo pone nel passato preislamico più antico facendone così un personaggio che possiede e fa parte della hikmat al-‘arab, quell’insieme di caratteristiche e persone o comportamenti che fanno di un arabo un “vero” arabo. Poche righe per sottolineare fin da subito quanto la figura di Luqmàn sia leggendaria e quanto essa sia connessa con il Luqmàn citato dal Corano, pur se, per ovvi motivi, sia preferibile mantenere distinte le due figure.

Le diverse testimonianze che è possibile consultare sulla sua figura ne fanno un uomo che, contrariamente agli altri appartenenti alla sua tribù, si distingue per saggezza e per essere sopravvissuto alla punizione che Dio ha inflitto a questo popolo, continuando a vivere per moltissimi anni; egli, infatti, è annoverato fra i mu‘ammarìn, coloro che sono molto longevi. Questa tradizione preislamica, unita a quanto riportato dal Corano, ha alimentato la figura di Luqm…n come trasmettitore di aforismi e favole brevi, per lo più aventi come soggetto gli animali. Una tendenza sempre presente nell’Orientalismo ha fatto sì che Luqmàn venisse – e venga – soprannominato “l’Esopo arabo”, dimenticando tuttavia che la favola, l’esempio, con protagonisti animali, ha antiche radici proprio in oriente. Sta di fatto che alcuni autori arabi come Ibn Ishàq e at-Tabari fanno riferimento a una “raccolta” di tali esempi attribuita a Luqmàn, pur se non vi siano riscontri oggettivi dell’esistenza di tale raccolta. L’origine ‘orientale’ di tali aforismi e favole è ben sottolineata da Dimitri Gutas: “Sembrano esserci pochi dubbi, comunque, sul fatto che sia il tenore che il contenuto del materiale preislamico attribuito a Luqmàn derivi dalla letteratura sapienziale in lingue semitiche” (D. Gutas, “Classical Arabic Wisdom Literature: Nature and Scope” in  Journal of the American Oriental Society, vol. 101, Oriental Wisdom (Jan.-Mar. 1981) pp. 49-86, p. 57).

Se questo genere di letteratura aveva un forma orale, dopo la rivelazione coranica Luqmàn verrà considerato il saggio per eccellenza e porterà a una prima raccolta scritta della saggezza attribuitagli, raccogliendo un materiale che, col passare dei secoli, passerà tra le mani di diversi studiosi musulmani, modificandosi.

Così, troviamo quanto affermato nel Corano ampliato e arricchito in fonti diverse. Citato da Ibn Qutayba, Wahb ibn Munabbih, primo raccoglitore degli aforismi di Luqmàn, afferma di avere avuto accesso a diecimila detti ma di averne conservati solo i più belli: “Ha detto Wahb: ho letto della sua saggezza circa cento aforismi, la gente non ha mai sentito parole migliori, poi ho osservato e ho visto la gente introdurli nei loro discorsi e nelle loro lettere e ottenere così la propria eloquenza” (La notizia è riportata in Ibn Qutayba, Al-ma‘àrif, a cura di Ä. ‘Akaša, Dàr al-ma‘àrif, al-Qàhira 1981, p. 55).

Accanto agli aforismi, a Luqmàn vengono attribuite una serie di brevi favole che hanno per protagonisti gli animali e che, per contenuto e forma, possono essere considerate un genere a sé stante.  Il personaggio entra in tal modo nel ciclo della narrazione araba e orientale in genere attraverso la favola che trasmette un insegnamento e in questo senso può essere paragonato a Esopo.

Gli studiosi hanno cercato di identificare Luqmàn con altri personaggi o di trovare legami con saggi vissuti nelle diverse zone dell’Oriente, basandosi anche su analogie fra i nomi o sul significato delle radici che questi nomi formano. A me, qui, interessa sottolineare come la figura del saggio che ammaestra un giovane sia una figura condivisa e come, per questo, troviamo il nome di Luqmàn citato anche in alcune omelie copte. Le storie del saggio Luqmàn, allora, ci parlano di condivisione di alcuni principi e possono contribuire a una migliore conoscenza della cultura araba, una volta tanto – e finalmente –  attraverso un testo letterario. Come le favole di Esopo vengono continuamente ripubblicate e adattate ai giovani lettori, così, nel mondo arabo quelle di Luqmàn circolano ancora, mentre in Europa, dopo la prima edizione a cura di Thomas van Erpen se ne è persa la memoria. Lo studio di Valentina Giarratano è un modo per recuperare questa memoria.

Il testo  è – rielaborato – il frutto del lavoro di una tesi di laurea in Mediazione Linguistica e Culturale discussa presso l’Università degli Studi di Milano nell’anno accademico 2009-2010.

I diversi aspetti accennati vengono in questo lavoro analizzati con chiarezza e, per certi versi, originalità e il confronto con le favole di Esopo è puntuale; in ogni caso la figura di Luqmàn e le sue “favole” sono inseriti in un contesto più ampio che tracci ail percorso della favola di animali dalla Greci al Medio Oriente. Anche il lavoro di traduzione è svolto con precisione e intelligenza tenendo ben presente quali siano le problematiche che ogni traduttore, pur se di favole brevi, deve affrontare.