Rogers

A. Nàgi, Rogers e la Via del Drago divorato dal sole, edizioni Il Sirente, s. l. 2010.

Certamente i giovani autori egiziani vanno di moda. La casa editrice Il Sirente ha certamente avuto l’occhio lungo, come si dice, pubblicando alcuni autori prima di piazza Tahrìr.

Rogers, poi, è scritto da un giornalista che è anche blogger e quindi il colpo è andato ben a segno.

A me però non è piaciuto per niente. Il sito della casa editrice afferma che il lettore può essere “disorientato” dalla lettura di questo volume, poiché non segue una trama lineare.

Personalmente amo i testi in cui la trama è anomala o addirittura assente ma qui nemmeno i testi dei Pink Floyd, uno dei miei gruppi preferiti, sono riusciti a farmi vedere un senso. Mi sembra un insieme di testi scritti appositamente in un certo modo buttati lì un po’ a casaccio.

L’incomunicabilità, l’alienazione  e la follia di un giovane ventenne egiziano che Rogers dovrebbe rappresentare sono espresse in un modo che nulla ha a che vedere con la letteratura, foss’anche d’avanguardia…

L’autore non riesce a collocarsi nemmeno nel gruppo degi “maledetti”, posto che, come mi dice la quarta di copertina (e il continuo riferimento alla casa editrice e alla quarta dimostrano che faccio proprio fatica a dire qualcosa di questo libro) afferma: “Storie, desideri, visioni causate dal continuo consumo di hashish e alcol catapultano il lettore in luoghi irreali e in situazioni fantastiche”.

Bah, per come la vedo io Nàgi non si è fatto abbastanza: le storie non sono né particolarmente irreali né particolarmente fantastiche, più che altro squallide.