Perle degli Emirati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perle degli Emirati, a cura di M. Avino e I. Camera d’Afflitto, Jouvence, Roma 2008.

‘Abd al-Ilah ‘Abd al-Qādir, in un suo saggio (‘Abd al-Ilah ‘Abd al-Qādir, “Bānūrāmā al-mašhad ar-riwā’ī al-‘arabī fī dawlatay Qatar wa-l-Imārāt l-‘arabiyya l-mutahaddida” in Al-mašhad ar-riwā’ī l-arabī, Al-mağlis l-a‘là li-ttaqāfa, al-Qāhira 2008, pp. 223-289 – Panorama del campo narrativo in lingua araba in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti), afferma che è solo dopo la scoperta del petrolio nel 1971 che la letteratura degli Emirati esce dalla produzione che fa riferimento alla tradizione araba legata alla lingua fushà e si avventura in un terreno letterario che possiamo definire come moderno e contemporaneo. Le forme di produzione letteraria tradizionali come la poesia, la ḥikāya, la sīra, vengono abbandonate e compare sulla scena il racconto (qiṣṣa qaṣīra), soprattutto a opera di Šayha an-Nahī e ‘Abd Allah Saqar, seguiti da un gruppo di giovani. Nello stesso anno si ha la pubblicazione del primo romanzo, Šahānda, a opera di Rāšid ‘Abd Allah.

In questa fase “aurorale, il genere romanzesco è incentrato prevalentemente sulla narrazione storica, nonostante esso lasci intravedere quei segnali di sperimentalismo che avevano già fatto la loro comparsa nel racconto breve, genere, soprattutto quest’ultimo, nel quale gli autori arabi sono maestri e che per sua struttura permette maggiormente le sperimentazioni che verranno poi esplicitate nella scrittura di più ampio respiro del romanzo.

Dopo questo primo impulso, un altro evento che darà in seguito i suoi frutti a livello letterario è l’impulso dato all’insegnamento superiore, grazie a borse di studio promosse dallo stato, che permetterà a numerosi giovani di completare la propria formazione all’estero. Molti di essi, rientrati in patria, saranno tra coloro che renderanno vivace e fino a oggi la scena letteraria degli Emirati utilizzando gli stimoli provenienti dall’occidente rielaborati secondo modalità proprie.

Perle degli Emirati consente di ripercorrere quest’evoluzione presentando i racconti di autori significativi nel panorama descritto. E’ infatti  possibile, grazie al lavoro delle curatrici Isabella Camera D’Afflitto e Maria Avino, leggere in lingua italiana i testi di ‘Abd Allah Saqar, che, nel racconto Pezzo di legno (pp. 27-29) sperimenta la very short story con un esito molto felice per presentare la dfficoltà di chi non accetta di essere omologato ai modelli imposti, per continuare con Nāsir az-Zāhirī, giornalista e noto autore di racconti, che in Iddihad… Kalig… Baian (pp. 127-134) affronta il problema dell’immigrazione di persone asiatiche – in questo caso un indiano – nel Golfo, attratte dalla possibilità di lavoro e ricchezza e ridotte in realtà a svolgere i lavori più umili. Il protagonista, ‘Abd ar-Rahīm, terminerà il suo soggiorno inaspettatamente, travolto dalla spersonalizzazione della società ospite. Ampio spazio viene dedicato alle voci femminili come Asmā’ az-Zar‘ūnī, autrice anche di un romanzo – Al-ğasad ar-rāhil – che ne La morte delle parole (pp. 45-47), affronta un altro argomento sensibile nei paesi arabi, quello della censura dell’intellettuale. La protagonista, dovendo spiegare a un carceriere perché si trovi in detenzione, alla domanda “Perché sei qui?” risponde “Sono qui perché so usare le parole” (p. 47). O ancora ricordo Lo spettro e la prigione di Fātima Muhammad (pp. 53-56) che fa riferimento alla guerra e che propone l’ansia di una donna che aspetta il ritorno del marito in una casa vuota.

Come si può notare, i racconti proposti hanno tutti uno sfondo sociale e assolutamente contemporaneo che li rende tralsabili in anche nella società europea: l’immigrazione, la censura, la prigone, la solitudine e la morte sembrano così essere, al di là delle specificità locali, i temi su cui si concentra l’interesse della scrittura in generale, temi su cui la riflessione si rende necessaria a livello globale.

La raccolta propone anche testi di altro genere, anche se di carattere sarcastico più che umoristico come Ferma e sorridente di Muhammar al-Murr (pp. 117-126), che si conclude con l’amara constatazione dell’incapacità di accettare gli altri per quello che sono, ma di cercare sempre di plasmarli a nostra immagine.

In conclusione i racconti presentati in Perle degli Emirati ci lasciano la voglia di leggerne altri e, come afferma giustamente Isabella Camera d’Afflitto nella prefazione al volume: “Grazie a questa raccolta di racconti, scritti dagli autori più significativi degli Emirati arabi Uniti, si alza il velo su tutta una produzione letteraria ancora poco conosciuta in Europa, ma che negli ultimi anni si è andata sempre più affermando nel panorama arabo, come del resto è avvenuto per le letterature di altri paesi della regione del Golfo, che sempre più richiamano l’attenzione di critici arabi” (p. 7).