Mio signore, mio carnefice

H. al-Shaykh, Mio Signore, mio carnefice, Piemme, Milano 2011

In libreria l’occhio mi cade su questo libro e mi blocco, perché fra i titoli dei romanzi della scrittrice questo proprio non lo ricordo. Lo prendo comunque in mano assalita da un dubbio , lo apro e sì, è così: questo è il titolo italiano di Hikayat Zahra.

In questo post, avevo inserito questo libro nella sezione “Le traduzioni che vorrei” e confesso che mi sarebbe piaciuto essere io a tradurlo, ma la cosa più importante è che sia disponibile, finalmente, in italiano.

Tuttavia sono veramente stufa. Stufa di questa manipolazione dei titoli. All’interno del volume leggo: Titolo originale Hikayat Zahra (pubblicato in inglese con il titolo The Story of Zahra). E allora, perché diavolo la Piemme ha deciso di intitolarlo Mio Signore, mio carnefice, come un film porno da quattro soldi? Con una bella immagine di donna – velata ovviamente – persino dietro sbarre e, come se non bastasse, di spalle. Il massimo. Davvero.

Chi sia poi il signore-carnefice, non è dato sapere, il romanzo proprio, parla d’altro.

L’eurocentrismo eteropatriarcale ha colpito ancora.

Un grande romanzo rovinato da un titolo.

14 Risposte a “Mio signore, mio carnefice”

  1. la Piemme è una casa editrice che si distingue per questo tipo di operazioni: titoli “forti” e fuorvianti, ma che evidentemente fanno cassetta

    1. mi pare che esagerino con questo orientalismo da quattro soldi. di ashShaykh hanno pubblicato anche un altro romanzo, titolo originale Hikayati sharh yatul, capisco difficile da tradurre in italiano; in inglese è stato tradotto come The locust and the bird e in italiano “La sposa ribelle”!

  2. già e se non sono ribelli sono “schiave del marito”, “bruciate”, “vendute”, ecc… il bello è che molti/e lettori nostrani ci cascano e prendono questi testi per “verità” di quanto succede nelle società mediorientali…

  3. Non ho letto i libri, ma già i titoli promettono traduzioni da infarto. Mi chiedo, l’autrice lo sa? Si interessa alle vicende dei suoi libri nel mondo? E’ davvero un peccato. Si trattasse di aver pubblicato un romanzetto da quattro soldi, passi, ma se non si seguono queste operazioni editoriali si lasciano massacrare dei testi letterari molto importanti. Ora, spero davvero sia solo il titolo, perché se pure la traduzione contribuisce allo scempio forse era proprio meglio che il romanzo restasse ignoto al lettore italiano.

    1. Questa storia vale solo per l’italiano.

      Per la mia tesi di laurea, io ho letto e tradotto (sempre di Hanan al-Shaykh) Innaha London ya ‘azizi, confrontandolo con la versione inglese (in italiano non c’è ancora una traduzione, spero di riuscire a farla io, sinceramente).

      Devo dire che in molte parti del romanzo, la versione inglese non coincideva o comunque mi ha molto deluso. Per non parlare poi di alcuni errori stupidi facilmente evitabili.

  4. devo dire che dal nervoso l’ho solo sfogliato, ma mi riprometto di fare un lavoro più accurato. in ogni caso la carta fa schifo i caratteri sono enormi, insomma, credo che un bel contenuto vada anche confezionato bene. e costa la bellezza di 17 euro.

  5. E per giunta ora il danno è fatto, il libro è pubblicato, la Piemme si è presa i diritti e ciao! I lettori italiani possono dire addio a un’edizione decente di questo libro.

    1. sì mannaggia e non ci posso andare…
      tra l’altro giakot, riguardo all’altro tuo post le “strade diverse e più efficaci” non hanno impedito che quest’autrice rimanesse balia della piemme…

  6. Neanch’io sono d’accordo con il titolo, sinceramente.

    Più che altro perché, a differenza di Hikayati sharh yatul che qualcuno ha già menzionato, il titolo non è che comporti questa grande difficoltà di traduzione. (Non che Hikayati sharh yatul sia difficile da capire, eh!)

    Però in questo caso, secondo me, è stato stravolto il senso. Il romanzo è sulla storia di Zahra, appunto, e non sulle figure maschili alle quali Zahra è sottomessa (per volere suo o di altri, poco importa: i protagonisti NON sono gli uomini). Per cui questo titolo, secondo me, non è stata una buona traduzione.

    D’altro canto sono però d’accordo con chi sostiene che “se non sono ribelli sono “schiave del marito”, “bruciate”, “vendute”, ecc… “.

    Purtroppo è vero: il lettore occidentale si lascia “prendere” da queste parole. È tutta questione di marketing, secondo me, che però nasconde il vero senso del romanzo stesso.

    Questa è la mia umile opinione.

  7. salve! passo da questo blog molto spesso e prima di leggere il suo saggio-articolo su questo libro, ho aspettato di terminare il romanzo… beh quasi quasi si ha la sensazione di parlare di due romanzi differenti, purtroppo. la lingua italiana del romanzo non è assolutamente “gendered”, come mi pare di capire sia invece la lingua di partenza, e il titolo mi pare davvero riduttivo. insomma una traduzione che appiattisce sia la forma che il contenuto, nella quale sospetto peraltro ci siano degli errori o quantomeno delle scelte discutibili (un esempio, banalissimo: sarebbe stato meglio scrivere “calze pesanti” anzichè “calzini pesanti” per una madre che si veste a lutto – nelle ultime pagine del libro). ma perchè lasciamo che la piemme si appropri anche di letteratura vera e propria ora? quanto sarebbe stato bello (e rassicurante) vedere lo stesso romanzo in veste jouvence ad esempio!

    1. è un po’ che penso di postare una pagina dell’originale, la mia traduzione e la traduzione pubblicata, effettivamente sembrano due libri diversi specialmente in alcuni punti chiave
      ora che ho un po’ di tempo libero, lo farò

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