Manifesto per un islam moderno

M. Chebel, Manifesto per un islam “moderno”. 27 proposte per riformare l’islam, Sonda, Casale Monferrato 2007

Quando si affronta il tema islàm e modernità, perlomeno questa è la percezione che ne abbiamo, si tende a privilegiare due tipi di interlocutori: coloro che rappresentano il cosiddetto fondamentalismo e coloro che, a vario titolo, si considerano o vengono considerati moderati, ma che sempre e comunque rimangono all’interno di un discorso che privilegia la lettura fortemente religiosa dell’islàm.

Non ch’essa non abbia diritto di cittadinanza, intendiamoci, ma a noi sembra che se si afferma di voler dar voce alle diverse componenti della società, si dovrebbero ascoltare anche altri studiosi musulmani come Muhammad Talbi, Muhammad ‘Abid al-Giabri, Muhammad Arkoun e appunto Malek Chebel.

Essi, invece, pur tradotti in parte in italiano (di Arkoun, a esempio, a nostra conoscenza, esiste solo un saggio all’interno di un volume e un articolo inConcilium) vengono relegati ai margini e si preferisce privilegiare altri interlocutori come Tarìq Ramadan, forse perché più funzionale a un discorso che vuole il revival di un rapporto radicale (nel senso originario del termine) con la religione anche nel nostro paese.

Come afferma proprio Arkoun, il richiamo della comuità scientifica e accademica alla separazione tra fede e ragione “cessa di operare quando si confronta con l’islàm”.

Tutto questo per dire che Manifesto per un islam moderno è un testo che è passato quasi inosservato. In esso Malek Chebel, autore prolifico, psicanalista e antropologo, propone ventisette tesi per riformare l’islam e conciliare fede e ragione. E lo fa in modo esplicito, senza mezzi termini, sottoponendo a critica alcuni dei nodi fondamentali che le società musulmane debbono oggi affrontare.

Tra le 27 tesi, infatti, troviamo: “Dichiarare inutile e superata la guerra santa”, “Abolire definitivamente la condanna a morte tramite fatwa”, “Abolire le pene corpolari”, “Rendere liberi il suono e l’immagine”, che citiamo perché più pertinenti al discorso religioso.

A questo riguardo, ciò che Chebel chiede, non è la riforma della fede (imàn) ma una revisione della legge più consona alla modernità. Niente di nuovo, si dirà: da tempo si chiede da più parti una rilettura delle fonti.

Tra il chiedere la moratoria delle pene corporali e chiederne l’abolizione, tuttavia, c’è una differenza.