L’uomo che sapeva contare

M. Tahan, L’uomo che sapeva contare, Salani editore, Firenze 1996

Alessandria, capitale intellettuale del mondo civilizzato, possedeva una biblioteca contenente circa 600.000 volumi voluta da Tolomeo su suggerimento di Demetrio di Falero, un oratore fuggito da Atene che aveva trovato rifugio nella città. Nel corso degli anni la biblioteca, famosa già in tutto il mondo antico, aveva accumulato numerosi volumi di argomento scientifico – grazie anche all’usanza di sequestrare tutti i libri in possesso di chi entrava in città restituendoli dopo averne fatto una copia per l’istituzione – in particolare di matematica.

La fama di questo tempio del sapere è, tuttavia, legata anche alle vicende che ne portarono alla distruzione. Il primo assalto avvenne a opera di Giulio Cesare nel 47 a.C., quando in seguito a un incendio appiccato alla flotta alessandrina, prese fuoco anche la biblioteca, situata nei pressi del porto: migliaia di volumi andarono distrutti.

Cleopatra, regina amante della cultura, si era impegnata a riportare la biblioteca al suo antico splendore e Antonio, per conquistarne i favori, marciò su Pergamo, sede di una biblioteca che raccoglieva volumi da tutto il mondo, trafugò tutti i libri e li trasportò in Egitto. Nei secoli successivi, Alessandria continuò ad accumulare volumi finché, nel 389 d.n.e., l’imperatore cristiano teodosio ordinò a Teofilo, vescovo di Alessandria, di distruggere tutti i monumenti pagani.

Sfortunatamente, quando Cleopatra aveva ricostruito la biblioteca, aveva deciso di alloggiarla nel tempio di Serapide e così l’istituzione venne coinvolta nella distruzione delle immagini e degli altari pagani. I dotti pagani cercarono, inutilmente, di salvare i preziosi manoscritti, ma vennero essi stessi massacrati.

Nel 642 anche i musulmani giunsero ad Alessandria, ma se pur qualcosa distrussero non furono essi a devastare, come erroneamente si crede, la biblioteca. Al contrario, quel poco che ne era rimasto venne da essi tradotto e diffuso nel mondo occidentale, ed è grazie agli studiosi arabi che le scienze rifiorirono e trovarono una nuova strada per giungere in Europa.

Nel caso particolare si tratta della matematica. Fortemente legata alla concezione dell’universo e, anche di Dio, (Eulero espresse l’esistenza di Dio con una formula matematica) lo studio della matematica nel mondo arabo musulmano è sempre stato coltivato da uomini di scienza sì, ma che erano anche uomini di religione e, spesso, mistici.

L’ordine, l’armonia della natura possono essere espressi in termini matematici e l’Uno ne è alla base.

Ne L’uomo che sapeva contare Malba Tahan, pseudonimo di un matematico brasiliano racconta di Beremiz, grande matematico alla corte di Baghdàd e riesce a esporre la storia di questa affascinante disciplina in modo semplice, comprensibile a tutti. I numeri amicali diventano numeri amici, complesse operazioni vengono spiegate con semplici racconti, il tutto immersi nell’affascinante ambientazione delle Mille e Una Notte.