L’incontro delle civiltà

Y. Courbage-E. Todd, L’incontro delle civiltà, Marco Tropea Editore, Milano 2009

La disciplina che può venirci in aiuto a mostrare come non esista uno scontro, bensì un “incontro” di civiltà è la demografia. Disciplina di dati, tanto cari al nostro modo di pensare perché difficilmente discutibili.

E, dati alla mano, Youssef Courbage ed Emmanuel Todd dimostrano che anche i paesi musulmani vivono un cambiamento profondo nell’ora attuale, che non potrà non lasciare una traccia sulle tradizioni e i modelli culturali.

Alcuni elementi chiave indicano questo cambiamento: l’alfabetizzazione innanzitutto, processo incontrovertibile strettamente legato al calo di fecondità. Leggere i dati presenta alcune sorprese. Così, per esempio, scopriamo che il tasso di alfabetizzazione nei paesi musulmani ha ormai superato il 50% anche per le donne come nei paesi occidentali e che solo pochissimi paesi musulmani come Bangladesh e Mali devono ancora raggiungere questo obbiettivo.

Questo primo elemento ha, naturalmente, conseguenze sulla struttura della famiglia tradizionale, che, seppur ancora patrilineare-patrilocale-endogamica, sta attraversando una fase di transizione che ne modificherà alla base la struttura. Anche qui qualche sorpresa quando constatiamo che in un paese come la Tunisia – generalmente portato a esempio – il tasso di endogamia è al 36%, molto più alto che in Iran, negli Emirati o in Turchia, a esempio, e preceduto solamente da Mauritania, Pakistan e Sudan. Elemento questo che dovrebbe, a nostro parere, portare a riconsiderare alcuni luoghi comuni.

I dati dimostrano anche cambiamenti nei rapporti di autorità, dei riferimenti ideologici, e un aumento dell’individualismo.

Molto spazio viene dato ai paesi musulmani non arabi che in questa trasformazione giocano un ruolo di primo piano, introducendo pratiche estranee ma che risultano essere portatrici di un cambiamento radicale.

In conclusione gli elementi analizzati mostrano che le società musulmane evolvono esattamente allo stesso modo delle civiltà non musulmane. E che quindi, come ci ricordano gli autori,

“Rispetto al numero e alla rilevanza delle altre variabili, la valorizzazione dell’islam come fattore esplicativo è soprattutto il sintomo di una miopia intellettuale. Alfabetizzazione, patrilinearità, reazione da gruppo minoritario, rendita del sottosuolo eccetera riducono l’idea di una specificità demografica musulmana al rango di una variabile residuale“.

Sarebbe ora di prendere in seria considerazione quest’affermazione.