La prova del miele

S. Al-Neimi, La prova del miele, trad. di F. Prevedello, Feltrinelli, Milano 2008

Se siete scaltri come faine, la soluzione è a portata di mano, rubatelo. Se, invece, coltivate il revenziale timore della proprietà altrui e, nel contempo, siete arrapati dalla foto di copertina e da chissà quali fantasie erotiche quell’immagine vi scatena nella vostra mente perversa, allora mettevi in un angolo nascosto di una libreria e sfogliatelo rapidamente, basterà un quarto d’ora e il più e fatto. Io, per quel vago residuo di dignità che mi è rimasto, non posso confessare pubblicamente come l’ho incontrato, quei due lettori che mi seguono si sfregherebbero le mani con grande libidine. Ma c’è un limite, mi dico. Come ripeto instancabilmente alla mia panettiera sotto casa quando cerca sempre di infilarsi nella mia vita, più invadente di una gastroscopia.

Sono tempi di magra, dieci euro possono sempre far comodo. Per quando chiamate il vostro pusher di fiducia, l’unico che se ne frega della crisi, anzi lavora di più. O per un paio di lampade che vi daranno quel color liquirizia che farà l’invidia dei vostri colleghi di lavoro, bianchi come cenci e rosi dal pensiero che chissà dove ve la siete filata nel weekend che, in verità, avete trascorso sprofondati in stato comatoso nel divano. Dieci euro sono sempre dieci euro, perdinci, fateli cacciare a Tremonti.

Chi la fa se l’aspetti, dice il proverbio. Lei, Salwa Al-Neimi, l’autrice de La prova del miele (bellissimo, il titolo, almeno quello…) si approfitta della vostra dabbenaggine. No, non è giusto. Anche voi, e che diamine!, avete il vostro amor proprio. Lei ha scritto un libro, un’anoressica storiella erotica, e, giustamente, le piacerebbe che la gente lo leggesse. Per farlo, noi dobbiamo comprarlo, elementare Watson. E lei che fa?  Manco fosse l’incarnazione al femminile dell’avaro di Molière, Salwa risparmia su tutto, dalla trama ai personaggi. Per tacere, ovviamente della fantasia. E voi , boccaloni, dovreste ingurgitare il boccone senza nemmeno fiatare? Ditevelo con cuore e anche con qualcosa un po’ più giù. Occorre reagire, quando è troppo è troppo. Un sussulto d’orgoglio, ecco quel che è necessario. Non passa giorno, non passa ora che il destino cinico e baro non si accanisca contro di voi. Il capoufficio vi stressa, la moglie vi innervosisce, la squadra vi delude, i figli non ne parliamo… Lasciamo stare la politica, perché lì contate come il due di picche… Che potete fare? I saggi sospirano, alzano gli occhi al cielo e farfugliano sentenze. Ma voi che, come me, saggi non siete affatto, questa volta potete rispondere, rialzare quella testa che siete soliti chinare mugugnando.

Datemi retta, non foss’altro perché io sto decisamente peggio di voi. Con Salwa, si è passata la misura, siamo allo sberleffo e allora… Seguite il mio consiglio: restituite pan per focaccia, è terapeutico. Fate appello a due grandi. Per il primo, Rocco (Siffredi), non dovete compiere un grande sforzo. Di sicuro vi è rimasta impressa la trama di qualche suo film memorabile. Se, invece, a causa dell’uso smodato di anti depressivi, i vostri ricordi sono piuttosto confusi, ricorrete al primo imbecille che vi ha chiesto l’amicizia su “Facebook”, di sicuro lui (o lei, siamo per la parità) avrà ben presente qualche scena “clou” del nostro connazionale più significativo. Fatevela raccontare nei dettagli. Poi rivolgetevi a un altro grande, il secondo, Tommaso d’Aquino. Qui, oggettivamente, il discorso si fa più difficile, ma non scoraggiatevi. Se non riuscite a recuperare una frase della sua splendida Somma, girovagate su Internet alla ricerca di qualche frase pruriginosa di uno sconosciuto abate del medioevo. Ci siete? Ok, mischiate il tutto e servite. Certo, già sento le vostre lagnanze, occorre poi scrivere. E che ce vo’?, come dicono nella città eterna. Scrivono Ammaniti e Giordano, Mazzantini e Casati Sveva Modigliani non potete scrivere anche voi? Un romanzetto di un centinaio di pagine, belle larghe, lo tirate fuori anche voi. Pensate a come avete messo insieme le vostre tesine e, voilà, il gioco è fatto. Senza scomodare le inquietudini della monaca di Monza o le sottili seduzioni di Anais Nin, avete lì la vostra opera prima. Speditela, in allegato, a Salwa e , una volta tanto, vendetta è fatta. “If you can”, allora anche voi, anch’io “canno”, o no?

L’importante è che vi fermiate lì, non vi esaltiate troppo dell’impresa. Gonfi d’orgoglio come un tacchino prima di Natale, potrebbe infatti passarvi per la testa di inviare il vostro manoscritto a una casa editrice. Se vende Salwa, pensate, vendo pure io. Mi compro un sottoscala a Quarto Oggiaro, come ha fatto Veltroni. E qui, invece, vi sbagliate. Magari siete donne, ma non siete musulmane (una esse solo, mi raccomando, la mia maestra d’arabo, un’ex domatrice di cavalli selvaggi, potrebbe infuriarsi e accanirsi sadicamente su di me), e il trucco  allora, non riesce. Nessuno vi fila. Chiaro? Pensate, per fare un esempio, ai brutti racconti di Parola di donna, corpo di donna, curata da Valentina Colombo, o all’orrendo A’isha, l’amata di Maometto di Sherry Jones. Ecco quel che il nostro immaginario vuol sentire, cogliere della donna musulmana, ora per un senso di malcelato colonialismo, ora per un sacro terrore del fanatismo islamico. Sotto sotto, la protagonista del romanzetto è sempre “completamente bagnata” quando si reca dal suo maestro amante, detto il Pensatore, anche se ha ben poco a che vedere con la contrita statua di Rodin. Umida è la verità, quella che ci eccita e ci rassicura. Velate, coperte, ricoperte… Abbiamo capito cosa vogliono realmente le donne islamiche! La liberazione è all’orizzonte, anzi c’è già! Vedo i ginecologi coraggiosamente additarci la strada.. Specie se siamo disposti a far finta di dimenticare che l’ottusa osservanza del Corano non è affatto contraria alla più accesa soddisfazione sessuale. L’avevano capito bene loro, prima che il dio mercato tardivamente ci svegliasse dal sonno di credenze e ideologie. Godi e taci, il messaggio è preciso.

Un consiglio: fate l’amore, se potete. Non perché fa bene, quello è la ginnastica o lo smettere di fumare. L’amore è altra cosa: passione, desiderio, sensibilità.

Angelo Villa

(recensione pubblicata su Pedagokika, n. 2-3, 2009)

3 Risposte a “La prova del miele”

  1. Leggere questa recensione ha incoraggiato la nostra ripresa emotiva a fronte delle valanghe di ciarpame letterario che ci investono continuamente. Urrà.

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