La langue d’Adam

A. Kilito, La langue d’Adam, Maisonneuve et Larose, Paris 1996

Qual era la lingua di Adamo? E di quale lingua stiamo parlando? La domanda ci permette di risalire al paradiso e all’albero del frutto proibito; mangiare dell’albero della conoscenza è sapere; sapere e sapore risultano così indissolubilmente legati, tant’è che hanno la stessa etimologia, afferma Kilito in La langue d’Adam.

Sapere è dunque distinguere il bene dal male, disgiungere, separare, tagliare, operazione legata alle due parti che risultano da quest’operazione e che ritroviamo, pur se non ha gustato del frutto proibito, nella lingua biforcuta del serpente.

Nel Corano il serpente non compare nella scena della seduzione; è Satana che suggerisce ad Adamo ed Eva di gustare del frutto proibito. Se in questo episodio la lingua di cui si parla è l’organo, in quello di Babele il riferimento è all’idioma.

Secondo Yaqùt, quando Dio riunì gli esseri a Babele, mentr’essi si domandavano per quale ragione fossero stati riuniti, una voce annunciò: “Chi ha posto l’occidente alla sua destra e l’oriente alla sua sinistra e ha guardato in direzione della casa sacra, a lui spetta la lingua della gente del cielo”. Ya‘rùb ibn Qahtàn si alzò ed egli fu il primo a parlare arabo. In questo modo vennero assegnate tutte le lingue (settantadue). La voce tacque e le lingue si confusero (tabalbalat), per questo si chiamò Babele.

La confusione delle lingue non è una maledizione, ma qualcosa di positivo, un segno divino come la dispersione spaziale. Ciò detto secondo Corano II, 31, Dio ha insegnato ad Adamo tutti i nomi. Al di là del dibattito intorno a cosa si intenda per “nomi”, alcuni autori, come a esempio Ibn Ginni, ritengono che Adamo parlasse tutte le lingue. Adamo e i suoi figli, dunque, conoscevano tutte le lingue, potevano comunicare indifferentemente in ciascuna di esse. Il plurilinguismo era la regola.

Dopo la caduta, Adamo si allontana dallo spazio originale e quindi dal multilinguismo, dimenticando tutte le lingue, tranne una. Comincia allora l’era delle etnie, delle comunità separate irrimediabilmente, cioè l’era della lingua materna.