La géographie Humaine du monde musulman

A. Miquel, La géographie humaine du mond emusulman jusqu’au milieu du 11e siècle. Géographie et géographie humaine dans la littérature arabe des origines à 1050, Mouton & EHESS, Paris-La Haye 1967

Si può affermare che uno degli impulsi al viaggio, e di conseguenza alla produzione di letteratura odoeporica, sia stato il pellegrinaggio a Mecca. L’impulso religioso, unito alla spinta che il diffondersi dell’Islam ha portato con sé per la scienza e la letteratura ha, infatti, stimolato inizialmente la produzione di redazioni di viaggio volte a registrare la conoscenza di mondi e popoli. Accanto a questa prima motivazione lo sviluppo dei commerci.

Così, le redazioni di Ibn Hawqal, Ibn Giubayr descrivono popoli, luoghi e usanze nuove per il mondo arabo musulmano, commentando tradizioni estranee a questa civiltà, in parte disprezzandole e in parte introducendo anche stereotipi e pregiudizi o sono più volte a uno scopo di carattere scientifico (Idrisi) o storico antropologico (Ibn Battuta).

Ma se la rihla è un viaggio fisico che si spinge fino ai limiti del mondo conosciuto e conoscibile, resta il desiderio di andare al di là del limite possibile. Accanto a questa rihla, dunque, si sviluppa una letteratura di viaggio immaginata che disegna la geografia umana del mondo musulmano in mondi impossibili, proiettandone i sogni, i desideri, le aspirazioni.

Si disegna così una geografia immaginaria che aveva già posto nelle redazioni citate ma che troverà la sua manifestazione più compiuta nella letteratura delle meraviglie.

In tale letteratura del viaggio immaginario non mancano isole irraggiungibili come l’Isola delle donne. Il primo testo che ce ne parla è quello di al-Qazwini (il primo volume del quale recentemente è  stato pubblicato anche in italiano per i tipi di Mondadori) ma di essa ci parlano anche Yaqùt,  al-Giawzi e Ibn al-Wardi. L’Isola delle donne e il viaggio verso di essa contribuiscono alla costruzione dell’immagine della donna secondo la concezione del periodo: un essere che si autodistrugge.

Questa rihla impossibile – tutti coloro che vi sono stati e che ne raccontano non riescono più a ritrovarla – troverà un epigono di vaglia in Ibn Tufayl con Hayy ibn Yaqtàn, che, nato vivo (e vigile) per autogenesi, si reca visitare l’Isola delle donne per poi ritornare alla sua vita da eremita sulla sua isola (su questo personaggio un’ironico poemetto di Bensalem Himmich).

Questo è solo un assaggio degli innumerevoli spunti che il testo di Miquel suggerisce e che, sebbene datato, non ha perso in nulla in freschezza e interesse.