Interno algerino senza vista

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Maria Cristina Faccanoni, Interno algerino senza vista, Robin edizioni, Roma 2012.

Sono un’appassionata di gialli (in stile classico) e non potevo farmi sfuggire questo libretto, inserito in una collana che si chiama I luoghi del delitto e che ha come protagonista il commissario Nodouc Nidoutec, nome che mi ricorda il patois della valle d’Aosta.

Da un certo punto di vista una piacevole lettura visto che riconosco i luoghi che l’autrice cita e alcune idiosincrasie tipicamente algerine.

Però quando leggo un giallo mi aspetto di leggere un romanzo, voglio dire non inserti culturali o pseudo politici che mi dovrebbero spiegare l’Algeria inframmezzati alla narrazione, cosa che peraltro fanno anche in modo non sempre condivisibile. Soprattutto non mi aspetto l’introduzione così come formulata. Sì, l’idea della collana “I luoghi del delitto” è anche carina, non dico di no, ma leggendo quest’introduzione ripiombo nei luoghi comuni su Algeri, gli algerini e l’Algeria e non ne posso proprio più. Cito un passo e poi ditemi voi (nell’intro, p. 17, si parla del diffondersi degli “enormi ipermercati” – bah – chiamati in Algeria superette quindi tanto enormi non sono):

“Nessuno se ne accorge, ma essi stanno operando una rivoluzione altrettanto radicale quanto le precedenti, anche se, questa volta, al femminile. In spazi anonimi, vetrinizzati dalle arcinote grandi firme occidentali, le signore dal foulard e dagli occhi bistrati si pavoneggiano spingendo il carrello in cui hanno compattato figli e prelibatezze in una specie di cubo di Rubik. Patatine dalle fogge innaturali, bibite frizzanti dai colori improbabili, formaggi pseudo italo-francesi sono lì, in bella mostra sui ripiani, pronti per essere caricati nel carrello della signora insieme ai surgelati che consentono di ottimizzare i tempi di casa, su cui regna sovrana la pizza in scatola tutta acciaccata sotto il sederino dei bimbi. E tutto si porge a lei familiare nel prezzo e nelle varianti.

Ahimé! Non più chorbecous-cous autentici, fatti sobbollire mentre i discorsi delle donne di casa si intrecciano in cucina con gli effluvi dei manicaretti, ma solo bustine argentate che, miracolosamente, in pochi istanti rendono cotto il pre-cotto”.

Lo farei leggere alla mia amica algerina Zineb. Di sicuro le verrebbe una “grina” di quelle…

 

Una risposta a “Interno algerino senza vista”

  1. non c’è niente da fare, gli scrittori e gli artisti del MENA per essere conosciuti in occidente devono sottomettersi all’imperativo etnico o la loro arte non passa

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