Inside the Gender Jihad

A. Wadud, Inside the Gender Jihad. Women’s Reform in Islam, Oneworld, Oxford 2006

Dopo un periodo di studi che l’ha portata ad analizzare il testo coranico, Amina Wadud ha recentemente scelto di dedicarsi all’attivismo. Inside the Gender Jihad può essere considerato come la testimonianza di questo percorso.

In esso, infatti, l’autrice, oltre a mantenere un livello di discorso sul piano puramente teorico, ripercorre la propria esperienza di musulmana americana, il periodo trascorso in Malesia e l’influenza che sul suo modo di pensare ha avuto il movimento Sisters in islam e, infine, traccia il percorso che l’ha portata a condurre la preghiera in alcune occasioni, esperienza che l’ha resa nota nel mondo musulmano e non solo.

Un discorso interessante è quello presentato nel secondo capitolo, intitolato “The Challenges of Teaching and Learning in the Creation of Muslim Womens’s Studies”, nel quale Wadud propone un ripensamento del ruolo dell’accademia in relazione alla riforma e all’attivismo musulmani, analizzando la storia dei Muslim Women’s Studies e suggerendo nuovi percorsi di ricerca per rendere la disciplina più interdisciplinare e sviluppare una teoria coerente all’interno di quella del Gender che ponga in primo piano l’aspetto islamico.

Dalla pubblicazione di Qur’an and Women – il primo volume che si è occupato in una lingua occidentale di rileggere il Corano in ottica di genere – sono passati una decina d’anni. In Inside the Gender Jihad Wadud rende conto dell’evoluzione dei suoi studi in campo storico, epistemologico e di ermeneutica del testo ribadendo la necessità di un discorso che sia women-inclusive.

Infine, l’ultimo capitolo porta il titolo “Why Fight the Gender Jihad?” Diverse sono le ragioni che l’autrice fornisce in risposta a questa domanda e che possono essere rissunte in quella ch’ella stessa chiama “the final reason”:

“Gli spazi in cui le donne possono dimostrare sia la loro auto identificazione come donne sia la loro piena qualità di essere umano non sono riservati solo a quelle donne che sono già state manipolate dalle élite maschili nella mente e nel corpo, ma appartengono a tutte le donne che si sono impegnate a sostenere il proprio ruolo di donne e di musulmane nonostante il silenzio, la segregazione, la violenza e l’invisibilità”.

Un’ottima ragione.

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