Imparare a dire no, grazie

Qualche giorno fa, Chiara Comito ha pubblicato un post sulla sua pagina facebook nel quale, commentando il festival Mediterraneo Downtown di Prato, afferma:

Al Festival Mediterraneo Downtown di Prato hanno mischiato geopolitica, attivismo e cultura da Mediterraneo, Caucaso ed Europa. Ho delle perplessità e il sospetto che non sia “utile” né interessante mescolare la cultura e l’arte araba/del Medio Oriente sempre e comunque con i temi dei diritti umani, la geopolitica e l’attivismo (a cui tra l’altro sono dedicati festival appositi). I festival di cinema/arte francese, spagnolo, blabla che vengono organizzati in Italia seguono questo modello? Non mi pare. Forse che l’arte e la cultura araba non sanno stare su da sole? Ne dubito, ma magari mi sbaglio…

[Chiara Comito è informata del fatto che la cito]

Come ovvio, l’affermazione ha suscitato alcuni commenti che mi hanno fatto riflettere e riporto qui queste mie riflessioni.

Intanto sono molto d’accordo con l’affermazione di Chiara.  L’arte e la cultura araba stanno su benissimo da sole come si chiede. Non che la letteratura o l’arte siano avulse dalla realtà, al contrario. Nella letteratura c’è tutto, specialmente in quella araba e quando se ne parla essa può essere lo spunto per riflessioni ad ampio raggio, ma è dalla letteratura che si deve partire se sto presentanto una scrittrice o uno scrittore. Qualcuno nei commenti lmentava che parlando di letteratura non ci si occupa di estetica e teoria letteraria. Certo. Finché a presentare i romanzi e le raccolte poetiche sono persone che si occupano di geopolitica sarà difficile. E questo è un punto. Voglio dire, la responsabilità è duplice: di chi organizza questi eventi e non sceglie di invitare persone che si occupano di letteratura certamente, ma anche di chi, per visibilità, si presta a presentare testi letterari senza conoscere i metodi di analisi letteraria e senza nemmeno a volte aver letto il libro.

E quindi il discorso volge su politica e religione. Non se ne può più.

Forse, quindi, bisognerebbe imparare a dire no, grazie se viene chiesto di presentare un testo letterario e la letteratura non è il proprio campo di indagine. Così, chi organizza sarebbe costretto a invitare chi di letteratura si occupa. Analizzando un testo letterario si può parlare certo di politica, ma a partire dal testo letterario, che è cosa diversa.

Annullare l’apporto artistico e letterario significa solamente cancellare il più informazioni possibile sulle attrici e gli attori reali per ottenere una semplificazione astratta funzionale a collocare la cultura araba in una sfera platonica che pretende di essere verità assoluta, per creare distanza. Il messaggio che passa, così, è che nel “mondo arabo” la cultura sia inesistente, perché queste persone non fanno altro che occuparsi di religione e politica (secondo questo discourse ovviamente in senso violento).

Anche chi si occupa di letteratura dovrebbe imparare a dire no, grazie. A rifiutarsi di spostare il discorso e trasformare l’incontro con un’autrice o un autore o la presentazione di un libro nell’ennesima conferenza sul terrorismo o l’islam. A chiedere che la letteratura araba venga presentata per quello che è: letteratura, produzione di intellettuali, donne e uomini che pensano e che attraverso questa narrazione producono coscienza di sé e solleticano il nostro pensiero su temi che, il più delle volte, sono universali.

Ormai quasi tutti gli incontri vengono filmati e sono disponibili in rete; ogni tanto ne guardo qualcuno ed è raro che non sia così. L’autrice o l’autore presente viene messo in secondo piano e se non è presente, è solo il pretesto per una conferenza sui diritti umani o sulla geopolitca del Medio oriente. Questo indipendentemente dalla competenza di chi parla sul tema, sia chiaro.

 

 

 

 

Una risposta a “Imparare a dire no, grazie”

I commenti sono chiusi.