Il matto di Piazza della Libertà

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H. Blasim, Il matto di Piazza della Libertà, trad. di Barbara Teresi, il Sirente, Fagnano Alto 2012.

Ho letto questo libro solo recentemente e l’ho trovato molto bello. Tragicamente molto bello. Ho da sempre una predilezione per il racconto e in particolare per il racconto arabo genere sempre troppo poco tradotto, credo.

Blasim è iracheno e oltre all’attività di scrittore esercita quella di cineasta. Durante il periodo in cui studiava cinema, ha girato un corto dal titolo Gardenia che gli valse l’interesse dei servizi segreti verso se stesso e la sua famiglia. Blasim decide allora di trasferirsi nel nord del paese dove assume un nome kurdo e produce un altro film, Wounded Camera e pubblica un articolo critico nei confronti di Saddam Husayn e decide infine di emigrare in Finlandia.

Il volume è uscito in inglese nel 2009 e da questa edizione sono stati acquistati i diritti.

Potete ascoltare qui la lettura integrale in lingua araba di uno dei racconti della raccolta, “La mostra di cadaveri” con, in sottotitolo, la traduzione in inglese…

Il primo racconto, “L’archivio e la realtà”, si apre con le seguenti parole: “Ciascun ospite al centro d’accoglienza ha due storie: una reale e un’altra per l’archivio” (p. 3). Non mi dilungo sulla memoria, resta il fatto che i racconti (come del resto la copertina) giocano tutti sul labile confine esistente tra l’immaginazione e la realtà, immaginazione che resta l’ultimo mezzo per sfuggire a una realtà gratuitamente violenta. Alla fin fine, noi stessi siamo narrazioni e per esserlo dobbiamo intendere la nostra vita come un susseguirsi di eventi concepiti in modo da formare una “storia”, una storia per l’archivio.