Hoda Barakàt alla Casa della Cultura di Milano

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Ieri sera, alla Casa della Cultura di Milano, un incontro con Hoda Barakàt. Che dire? Barakàt è una grande scrittrice, una persona spessa ed è sempre un piacere ascoltarla.

Però… però ho saputo per caso che sarebbe venuta (che significa poca pubblicità all’evento) e come sempre, anziché una sala stracolma con pubblico in piedi, come dovrebbe essere quando un’autrice o un autore di questo peso viene a parlare di sé e della sua scrittura, alla Casa della Cultura c’era gente, ma non troppa.

Nella foto, a destra il direttore della Casa della Cultura, che non dubito sia una persona intelligente, ma che era chiaro non avesse la percezione di chi aveva al tavolo. A sinistra chi doveva fare da interprete – e che per sua stessa ammissione – non lo era. Mi soffermo su questo. La cosa è stata penosa, tanto che Barakàt, che capisce l’italiano, prima gli ha detto di prendere appunti, poi lo ha corretto più volte perché diceva tutt’altro. Al punto che Maria Nadotti (accanto a Barakàt nella foto) ha risolto conducendo lei stessa la consecutiva.

Ora, questo mi pare molto significativo di come consideriamo le/gli intellettuali arabe/i e la cultura araba. La scusa è sempre quella che ovviamente la/il consecutivista professionista nessuno la vuole pagare, la Casa della Cultura non ha soldi, si dice. O piuttosto non si vuol pagare quando l’ospite è arabo. Questa scelta manca di rispetto ai professionisti della traduzione in primo luogo e agli ospiti ancora in primo luogo. Soprattuto in questo momento, se davvero si vuole contrastare un certo modo di intendere la cultura araba, la prima cosa da fare è considerarla allo stesso livello delle altre. E rispettarla.

Come in occasione della venuta di Amina Wadud e Asma Baras (vedi qui), Milano ha perso un’occasione.

Ciò detto, intanto un grazie a Maria Nadotti, che quando se ne presenta l’occasione, riesce a organizzare incontri con personaggi sempre interessanti intellettualmente. Hoda Barakàt ha parlato poco della sua scrittura, anche perché pochi sono i suoi romanzi tradotti in italiano – anche questo inspiegabilmente viste le schifezze che si traducono in generale – e si è piuttosto a lungo soffermata sulla situazione attuale in Francia, proponendo una sua lettura che si discosta dai discخrsi mainstream che siamo ormai abituati a sentire e che francamente, hanno stufato. Ha detto tra l’altro, e concordo pienamente, che gli intellettuali occidentali ormai non svolgono più il loro ruolo e che anziché pensare reagiscono e si arroccano su posizioni difensive che non aiutano. Soprattutto ci si pone le domande sbagliate e si rimane molto aureferenziali. E questo vale anche per gli intellettuali di sinistra.

 

3 Risposte a “Hoda Barakàt alla Casa della Cultura di Milano”

  1. Non solo la politica, e chi la fa, è autoreferenziale ma anche la cultura (e chi la fa) lo è! Sembra ormai che importante sia fare delle cose per far sapere ad altri che si fanno ma senza una vera idea del percorso che si intende mettere in moto, senza un progetto o una idea della funzione che si voglia svolgere.
    Parlare di cultura araba è il miglior antidoto alle generalizzazioni, è la forma migliore per andare verso la scoperta di altri, è la condizione necessaria per avviare un dialogo che eviti la guerra, le discriminazioni e la stupidità!
    Grazie per l’opportunità.

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