Donne, violenza e traduzioni dall’arabo

Mentre stavo per postare questo commento, mi accorgo che editoria araba mi ha preceduto di un soffio; condivido gran parte di quel che è scritto lì , come ho già avuto modo di sostenere in altri post, quindi vi rimando alla lettura su quel blog.

Andrei un po’ più in là, tuttavia. Visto che questi libri (ma ce ne sono anche altri come Mudakkirat Randa at-trans, tradotto come Dillo alla luna; o il bellissimo Menstruation che in italiano è stato non-tradotto Menstruation) sono usciti in concomitanza con l’8 marzo. Parliamo tanto di violenza contro le donne. Sempre a livello evenemenziale ovviamente. E se facessimo un ragionamento un po’ più a lungo termine? Quanto questi titoli veicolano una certa immagine di donna e contribuiscono a formare una cultura della violenza nei confronti delle donne e nei confronti dell’altro? Non so voi, ma io me lo chiedo. E mi vien voglia di raccogliere le firme per una petizione da presentare a queste case editrici che – indipendentemente dal fatto che le autrici siano state informate o meno, da che cosa ne pensino i traduttori (mi piacerebbe proprio sapere se si sono opposti a questi titoli) –  chieda più rispetto per gli autori arabi, per i titoli e per l’editing del testo.

Nel post di editoria araba Giacomo commenta che il titolo di Haddad sia rimasto tale perché l’autrice guarda caso, non scrive in arabo; io direi soprattutto perché Haddad legge e scrive l’italiano e perché probabilmente sta molto attenta quando firma un contratto

Mi domando: che avrebbe detto Kafka se il titolo della Metamorfosi fosse diventato Diario segreto di uno scarafaggio?