R. Jaber, Come fili di seta, traduzione di E. Bartuli con H. Bahri, Feltrinelli, Milano 2011.
Dal mio ultimo giro in libreria sono rimasta abbastanza delusa; ho acquistato alcuni romanzi forse usciti sull’onda di quanto accaduto nei paesi arabi di dubbio valore e che ripropongono i soliti temi (ne dirò in un post). Poi, l’altro giorno, ho comprato Come fili di seta. Ho cominciato a leggerlo in metropolitana e non sono più riuscita a staccarmene finché non l’ho finito.
Non mi interessa fare la recensione del volume, chi lo desidera lo leggerà. Voglio solamente dire che questo sì è un romanzo. Allora complimenti a Elisabetta Bartuli per la scelta. Mi rinfranca sapere che ogni tanto testi validi riesco a bucare.
D’accordissimo. Ho appena finito il romanzo, Jaber ha una scrittura splendida, leggendolo sembra di vedere scorrere la vita sotto i propri occhi. Anche a me non capitava da un po’ di non prendere in mano un romanzo così bello.
Posso citarvi un passo del libro? Mi ha fatto subito pensare a un’abitudine così diffusa in tutta la Siria:
p. 219
E’ stato così che ‘Ali Jaber ha imparato a bere il mate (i siriani che sono emigrati in questi territori sono tornati in patria carichi di sacchi di mate. Quest’erba seccata è diventata parte integrante della vita dei montanari, nei paesi dello Shuf. Lo bevono di mattina, di pomeriggio e di sera. E può essere che ‘Ali Jaber sia stato uno dei primi a diventarne totalmente dipendente. Ne beveva a qualsiasi ora, non andava da nessuna parte senza il suo cartoccetto di mate, la zucchetta – il bicchiere – e la bombilla che serve per bere).
Ben contenta che ti sia piaciuto, ringrazio per i complimenti, merce rara. A presto, spero
non faccio nessuna fatica a farli, come sia, e senza secondi fini. 🙂