Adonis a Milano

 

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Domenica 31 gennaio, nell’ambito della manifestazione Writers, si è svolto un incontro con il poeta Adonis. L’occasione era la presentazione del volume uscito di recente per i tipi di Guanda, Violenza e Islam.

Bene, ora dirò qualcosa che farà inorridire i mie amici arabisti-islamologi: io non l’ho trovato così orribile. Sicuramente avrei preferito ascoltarlo in qualità di poeta e sentir leggere in arabo le sue poesie, questo è certo.

L’incontro è stato divertente perché introdotto da Gristina Giudici, giornalista che, ogni volta che può scrive “con entusiasmo su Il Foglio” (lo dice qui), che si è presentata come persona che si occupa di islam e islamismo da dieci anni affermando che “la deriva islamista è sempre più diffusa nelle seconde generazioni” e “nelle moschee [in Italia] la situazione è abbastanza irrecuperabile. Qui [nelle moschee, quindi desumo che le frequenti] vedo la violenza esercitata almeno a parole quotidianamente”. Data questa premessa, le domande avevano uno scopo abbastanza preciso, ma è stato sufficientemente divertente vedere come né Adonis né l’altro ospite presente, lo psicanalista Luigi Zoja, abbiano “abboccato”, spiazzando un po’ la moderatrice, che era l’unica a voler veicolare un’immagine negativa dell’Islàm.

In sostanza Adonis ha detto che Daesh rappresenta “l’ultimo grido” di una lettura dell’Islàm fondamentalista, che egli identifica con l’islam wahhabita (cosa su cui non sono d’accordo, perché le cose sono molto più articolate e complesse), che istituzionalizza una certa lettura del testo e l’impone, mentre bisognerebbe difendere il diritto dell’individuo ad avere una religione. Un testo, sostiene, è la sua lettura e anche il più bel testo diventa mediocre se la lettura è mediocre.

Ha anche affermato, in maniera un po’ provocatoria, che nessun grande poeta o intellettuale, coloro cioè che hanno creato la cultura musulmana, nel corso dei XV secoli dell’Islàm era musulmano nel senso voluto da questo Islàm e anche questo ci sta, se pensiamo ai poeti, ma anche ad alcuni uomini di scienza come Ibn Rushd.

Il pubblico c’era, ma in una manifestazione un po’ radical chic come Writers non era quello che si incontra di solito quando vengono autri arabi in Italia.